La storia della discarica di Malagrotta inizia nel 1984 quando l’impianto fu aperto per la prima volta. Da allora, almeno fino al 2013, ha rappresentato il più grande impianto di smaltimento rifiuti in Europa. La decisione di chiudere l’impianto e trasferire i rifiuti presso altre discariche è stata presa dal Consiglio dei Ministri del Governo Letta ed è scaturita da una serie di ordinanze emesse dalla Procura della Repubblica che aveva disposto il sequestro dell’intera area.
Già nel 1995 era scoppiato un caso a causa delle cattive condizioni igienico sanitarie presenti nella struttura. Nel corso degli anni sono state numerose le inchieste giornalistiche e parlamentari che hanno messo in evidenza come gli appalti pubblici siano stati assegnati ad aziende legate alla mafia e come la stessa malavita organizzata abbia avuto modo, attraverso questo meccanismo corruttivo, non solo d’infiltrarsi negli affari dello Stato ma anche quelli relativi alla gestione dei rifiuti.
Nel corso del tempo sono state raccolte sempre più prove riguardanti lo smaltimento illegale nei territorio italiano (soprattutto nelle regioni Lazio e Campania) di ingenti quantità (pare si parli addirittura centinaia d migliaia) tonnellate all’anno provenienti da tutto il mondo. La discarica di Malagrotta, secondo le indagini della Procura di Roma, avrebbe svolto un ruolo centrale in questa vicenda. I rifiuti tossici venivano infatti fatti arrivare nei porti italiani (in particolare a Napoli) e poi trasportati con camion all’interno dell’impianto.
Nel 2013 la situazione precipita: la Procura emette una serie di ordinanze che prevedono il sequestro dell’intera area su cui sorge l’impianto e la messa sotto accusa dei vertici del consorzio Malagrotta S.p.A.. Questo porta al suo immediato commissariamento ed alla nomina del prefetto come amministratore straordinario. Il Consiglio dei Ministri decide quindi per lo smantellamento definitivo dell’area e per lo spostamento dei rifiuti presso altre strutture appositamente individuate.
I camion, carichi di sostanze altamente inquinanti (rifiuti industriali pericolosi), venivano fatti arrivare nei porti italiani (principalmente a Napoli) e poi trasportati con automezzi all’interno della discarica. Gli inquirenti hanno scoperto che i fondali marini sono stati utilizzati come cimitero per ingenti quantità di rifiuti tossici provenienti dall’estero (principalmente dalla Germania).
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